sabato 28 gennaio 2023

QUEL BINARIO MALEDETTO

Magari fossero solo dei cretini, come dice qualcuno votato all’ottimismo storico!
Questi sono delinquenti, farabutti violenti e criminali che si rifanno all'ideologia marcia del nazismo, per promuovere l'odio verso le minoranze.
Coltivano l'ultranazionalismo, il razzismo, la xenofobia, l'omofobia e l'antisemitismo. Vivono di miti aberranti, di simboli disgustosi e teorizzano ancora la superiorità della razza ariana
Non ci sono più parole per descrivere l’orrore nazifascista. Non, almeno, per le persone che coltivano nel loro cuore anche un pallido barlume di significato di “umanità”.

A tantissimi anni dall’Olocausto, dalle persecuzioni di un popolo e dei diversi, dalle deportazioni, dagli orrori dei campi di sterminio e distruzione, dalle leggi razziali del 1938, c’è ancora qualche infame che inneggia a quel sistema, a quell’ideologia della strage e della distruzione, a quelle camere a gas. Che giustifica il massacro, l’eccidio di Stato e di un potere, il genocidio compiuto da un popolo di assassini, guidati dal suo Fuhrer.

Sappiamo tutti che, oltre ai miserabili negazionisti di mestiere, che contraddicono ogni evidenza non solo storica, esistono in Italia, in Europa e nel mondo tanti gruppi e movimenti di naziskin e skinhead di assoluta fede fascista e neonazista, che coltivano quella forma di subcultura razzista e antisemita, che si esaltano in quei miti orribili, che usano simboli e metodi violenti e intimidatori, in particolare verso le minoranze etniche e religiose, gli omosessuali e i diversi in genere. Alcuni sono detti "teste d'osso" o "teste vuote".
O teste di cazzo, come quei bastardi schifosi che ancora oggi imbrattano muri e portoni con scritte farneticanti e svastiche che fanno inorridire: "27 gennaio giornata della memoria, ricordiamoci di riaprire i forni: ebrei, rom, sinti, froci, negri, comunisti ingresso libero". Oppure, “Qui abita un giudeo”, o “Crepa sporca ebrea”,
E non mancano i soliti insulti e minacce social a Liliana Segre, a partigiani, studiosi della shoah e oppositori politici.

Ieri è stata la giornata del pensiero, del pianto e della commozione, del ricordo e della conoscenza per chi sa, per chi sa poco o niente, per chi non sa o non vuol sapere.
E’ stata la giornata che ricompone l’idea di umanità, che le restituisce un senso, una dignità.
Il 27 gennaio del 1945 i soldati dell’Armata Rossa fecero il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz e liberarono i pochi prigionieri sopravvissuti, svelando al mondo l’atrocità e l’orrore della Shoah.
Dal 2000, l’Italia ha istituito, per legge, il 27 gennaio “Giorno della Memoria”, proprio per ricordare lo sterminio, ma anche coloro che, in campi e schieramenti diversi, si sono opposti a quella infamia e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati, con lo stesso coraggio di tanti altri testimoni, che hanno trovato in se stessi una forza incredibile, per superare quel dolore profondo e perfino “i sensi di colpa” per essere sopravvissuti ai propri genitori, ai propri fratelli e sorelle, parenti e amici che, caricati come bestie nei vagoni piombati, partirono dal Binario 21 di Milano o dalla Stazione Tiburtina di Roma. Senza più tornare. 
“Calci, pugni, sputi e ci spinsero sui treni per Auschwitz. Era qualcosa che andava al di là dell’immaginazione più spaventosa. La gente piangeva, si disperava", ricorda Liliana Segre.

La conoscenza, lo studio e la cultura sono l'antidoto all'odio e all'intolleranza. Ma forse non basta: la libertà conquistata con la fine del nazifascismo va difesa tutti i giorni, con determinazione.
Quella lurida gentaccia, rinchiusa nella gabbia dell’ignoranza e che si rifà ai soli valori della crudeltà, della ferocia e della spietatezza, non merita di vivere insieme alle persone civili e solidali, in una comunità libera, insieme ad altre possibili vittime.
Deve essere emarginata, condannata, incatenata, per non dire eliminata o messa in condizione di non nuocere.
Anche per ricordare alle giovani generazioni, soprattutto quando non ci saranno più testimoni viventi di quell’abominevole mostruosità, che è possibile convivere senza discriminazioni e pregiudizi, cancellando feccia e inutile zavorra.
28 gennaio 2023 (Alfredo Laurano)

 

 


martedì 24 gennaio 2023

LE PASTE DELLA FESTA /2608

Era il rito della domenica, un po' come quello della messa per i credenti o la passeggiata al Pincio e a Villa Borghese, per vedere il teatrino di Pulcinella o ascoltare la banda che suonava sul palchetto in mezzo agli alberi.
Non si rientrava a casa senza il brillante pacchettino della pasticceria, tenuto con due dita nel fiocchetto.
Era il simbolo della festa, del sacro giorno di riposo, da passare in famiglia coi bambini.
E a fine pranzo, dopo le lasagne, l'arrosto e l'insalata, si scartava quel magico vassoio, con la striscia di cartone messa ad arco, e si gustava il diplomatico o il bignè alla panna o al cioccolato. Un sapore autentico, un odore inebriante di freschezza, un momento di semplice felicità.
Ricordo la piccola pasticceria Callegari di via Cola di Rienzo, che non riusciva a far entrare tutti i cacciatori di crostate e pastarelle, fragranti e genuine, che profumavano di dolce quel tempo antico della festa.
22 gennaio 2023 (Alfredo Laurano)

OPINION LEADER /2607

Da molti anni, programmi spazzatura di intrattenimento televisivo o di pseudo informazione entrano di prepotenza nelle case degli utenti rassegnati e, a volte, disperati. E sono quasi sempre e quasi tutti inquinati dalle performance di esemplari di una razza nuova e strana, effetto del contro-evoluzionismo, detta degli “opinionisti”.
Si definisce opinionista chi disserta su fatti relativi a costume, società, politica, sport.
Tale termine è stato tuttavia esteso a tutti coloro che esprimono le proprie idee come ospiti fissi in trasmissioni televisive o radiofoniche, senza riguardo alla professione esercitata, o alle competenze sulle materie e gli argomenti trattati.

L'opinionista, in realtà, è un mestiere che non esiste. Se lo sono inventato quelli della tv, per piazzare un po' di chiappe sui divani dei loro mediatici boudoir e organizzare un poco d’ammuina.
Per farlo e per esserlo ufficialmente, basta la definizione e il formale riconoscimento di qualche potente sciamano del piccolo schermo (ora, anche enorme); aver acquisito un minimo di popolarità nella casa del grande bordello o in qualche isola perduta o tra gli amici della De Filippi, di Guevara Giletti o di madonna D’Urso; essere invitato in qualche trasmissione e dissertare con piglio impegnato su argomenti di scottante attualità: le love story di Belen, le vicende di Corona, le chiappe sode della Russo partoriente a 54 anni, le diete vegane, i miracoli della chirurgia plastica e pronunciare qualche concetto lapidario tipo “si dovrebbe vergognare” o “sotto il profilo del”.
E ti pagano pure.
Non serve avere nessun requisito in particolare, basta solo mettere bocca su tutto, anche se non si sa nemmeno di cosa si parli, né perché si è lì, se non per una botta di culo o per incredibile congiunzione astrale.

A tale proposito, l’immenso (quale altro aggettivo usare!) scienziato delle stelle Paolo Fox, insieme al suo compare Branco dall’ambiguo fascino, reclama un ruolo più che prestigioso nell’etere zodiacale e sbotta in diretta contro chiunque, disturbatore con chiacchiericcio al seguito, lo metta in discussione o gli sottragga vitale spazio. “Sono anni che rubate il tempo al mio spazio dell’oroscopo, e se poi vi mettete a parlare sotto io non ci capisco niente!
Ma questo esegeta astrale, questo oracolo dell’arcano e del mistero non ha mai pensato di andare a lavorare? Che so, nell’edilizia, nell’agricoltura o nelle fabbriche di carte, di amuleti per turisti stanchi.
Ma perché dilagano certi personaggi come costui, o come il santone Mughini che gesticola con le braccia ad elica, le mani inanellate a disegnare in aria improbabili arabeschi; che fa lo stoico e si veste in technicolor - come i teatranti nei vecchi baracconi di una volta - che spara sentenze appese all’ovvietà e si mette in posa plastica da mimo, subito dopo aver pronunciato il sacro verbo della tuttologia?
O come il Malgi dall’ormone impazzito - lo stravagante Cristiano Malgioglio - dalla cresta bianco cigno su completini in raso rosa, scintillante di lustrini e di gesti da checca stizzita e esagerata, che pontifica stridendo sul talento altrui, su manie perverse e doppi sensi.
O come il disturbato, lunghe leve Luca Giurato che un tempo umiliava i congiuntivi, duellando con la sua lingua e con i suoi arti da funambolo fallito?
La lista è ancora lunga: da Alfonso Signorini, per gli amici, Alfonsina, a Vladimir Luxuria, che vivacizza ogni programma col suo fascino proibito; dal putto roco Raffaello Tonon, una scommessa della cattiva sorte, uscita dal rifacimento di una vasca, alla “più sana e più bella” Rosanna Lambertucci; dalla culonissima Valeria Marini alle labbra canottate della Parietti nazionale.

Nel reparto nobili in liquidazione, c’è la contessa fruttarola Patrizia de Blanck, spesso accompagnata dalla pargoletta Giadina, che ha dovuto rinunciare al suo massimo piacere di fare il bagno di notte, alla Beautiful, con le candele e le musiche soffuse, per liti con il condominio.
E la marchesa Daniela Del Secco d’Aragona, che si spaccia per aristocratica: “bisogna cambiare 5 abiti e 5 profumi al giorno". Negli anni ‘90 promuoveva le sue creme di bellezza su un’emittente locale; ora, che è riuscita ad infilarsi in tutti gli eventi della Capitale, è diventata un fumetto più vero di quello che voleva imitare, tanto da finire su riviste di gossip a fare da consulente di bon ton.
Si prosegue con il cupo e taciturno Crepet, spesso presente a sua insaputa, e con il logorroico Alessandro Meluzzi, psichiatra di dubbia credibilità e dal rutilante passato politico (dai Comunisti ai Radicali, passando per il Partito Socialista, Forza Italia, l'Udeur e infine i Verdi), che ha iniziato e promosso la sua carriera di opinionista su tutte le reti Rai e Mediaset.
E poi, c’è Tina Cipollari de’ Noantri, la prima e più antica delle opinioniste di “Uomini e Donne”, con la sua aria da popolana vamp, con l’ironica pretesa di ricordare Marilyn. Già corteggiatrice, poi tronista ed in seguito opinionista fissa del programma, che strapazza, con la solita verve e in romanesco, valletti, damigelle, cicisbei e pubblico parlante.
Da non dimenticare l’ex Platinette, al secolo Mauro Coruzzi, che ha costruito fama e notorietà sul personaggio eccessivo e sopra le righe della drag queen opinionista. Abiti da donna, parrucconi, super ciccia e lustrini, ma anche una carica ironica e polemica da opinionista d'attacco. Oggi, dopo l’intervento chirurgico riduttivo, appare solo in abiti maschili.

Ma, per chiudere in bellezza questo ricco e multiforme gregge, non si può dimenticare l’onnipresente tuttologo Capezzone, il viscido Cruciani e Sgarbi, il suo totemico riferimento, il vero padre di tutti gli opinionisti.
Grandi personaggi, venditori di fumo, di chiacchiere e tappeti. Tutti esperti illuminati e sottili pensatori, a tempo perso, che bivaccano in quei salotti del consenso, per confezionare lo spettacolo del banale quotidiano: è la nuova intellighenzia che irrompe e domina sovrana la cultura dei poveri italiani.
21 gennaio 2023 (Alfredo Laurano)

COSE DI NATALE /1699

Quella comune sensazione di rinnovata curiosità ed euforia che cresce nelle case, soprattutto con bambini, quando si tirano giù gli scatoloni con “le cose di Natale”, è almeno pari - ma forse molto più contenuta - rispetto al manto di tristezza che avvolge quando tutto dev’essere smontato.
Dopo l’epifania, tutto si rimette via.
In pratica, l’arrivo dei Re Magi coincide con la fine delle feste, i loro ricchi doni sono simbolici saluti, come quelli della stella cometa che spegne il suo sorriso e la sua scia.
Perché tutto finisce, tutto ha una scadenza, tutto si compie e si conclude e, dopo una vita breve torna nei bauli e nei cartoni, con l’attesa e la speranza di poterli riaprire dopo un anno.
E’ forse una metafora?
Luci, palle colorate, montagne, prati, casette e statuine amiche ci hanno tenuto compagnia per un mese, creando un’intima atmosfera nelle nostre stanze, scandita dall’intermittenza.
Hanno allietato quei giorni ancora magici e affascinanti, nonostante l’indifferenza del mondo esterno, le notizie dei TG, il caos del traffico, la frenesia degli acquisti più rituali. Anzi, hanno contribuito a rendere più caldo e desiderato ogni rientro tra le proprie mura, mai ospitali e calde come in quei momenti.
E’ come essersi ritagliata una piccola pausa dal tran tran quotidiano, dagli ingranaggi, dai ritmi e dagli obblighi sociali per rifugiarsi in una specie di antica favola smarrita, dove, incredibilmente, il bene vince sempre sul male.
Per tutto questo, ci dispiace riempir di nuovo quelle scatole preziose, lasciando scivolare in esse anche quei momenti di letizia, insieme ai dubbi, ai pensieri e a una certa ormai anacronistica commozione.
Si, forse è proprio una parabola, una narrazione metaforica che ci conforta, ci racconta e ci ricorda ciò che abbiamo vissuto e condiviso.
Quelle “cose di Natale”, custodite negli scatoloni, rappresentano il nostro presepe personale, i luoghi, le figure, i personaggi della nostra storia, le persone che abbiamo amato e perduto e che ci hanno accompagnato per lunghi tratti della nostra strada.
Sono l’allegoria fatata dell’esistenza, rivisitata nel tempo che scorre e nei modi che mutano veloci. Le sensazioni e i pensieri che non ci abbandonano mai, le gioie e i dolori che combattono in noi, rinnovando le nostre contraddizioni e il mistero della vita.
Sono un inno alla nostalgia, alla fanciullezza, ai tempi e alle cose perdute, a ciò che non ritorna, ma rimane nel cuore.
Come in un incanto. (Alfredo Laurano)

O COPPITIELLO /2606

"Na’ tazzulella ‘e cafè e mai niente ce fanno sapè”. La cantava Pino Daniele nel lontano 1977.
Nei giorni scorsi, invece, sono state richiamate e ritirate dal commercio, alcune confezioni di capsule e cialde di Caffè Trombetta Arabica, compatibili Nespresso, perché tossiche: esattamente per rischio chimico, ossia potenziale valore di ocratossina, oltre il limite di legge.

“Siete sicuri di sapere tutto sul caffè in capsule?” Lo domandava, un po’ retoricamente, un vecchio articolo di stampa, di alcuni anni fa.
Bere il caffè è quasi un rito per molti, a volte un pretesto per fare una pausa o incontrarsi con un amico, con tutta l’atmosfera e la carica emozionale che un momento simile riesce a generare.
Anche la stessa fase di preparazione ci permette di ‘prenderci cura’ della persona a cui lo stiamo offrendo, interrompere le attività in corso e dedicarci ad altro, attendendo quasi con apprensione il momento fatidico in cui tutto il caffè è ‘venuto su’, con quel suo aroma unico e dal suono inconfondibile della Moka.

Ma quanti oggi preparano ancora il caffè con la caffettiera tradizionale? In quanti non hanno ceduto alla tentazione di sentirsi ultramoderni, acquistando il caffè in capsule e relativa macchinetta?
Perché, a volte, di moda si tratta. Negli ultimi anni, in tutte le città italiane, sono apparse queste boutique del caffè, che attirano i clienti con apparecchi dalle cromature eleganti e con capsule dai colori attraenti e dai nomi esotici.
Si è creato, in pratica, un bisogno inesistente e un prodotto nuovo, di tendenza, diffusosi immediatamente.
Geniale trovata degli esperti di marketing dei brand più famosi oggi, che sono stati capaci di declassare dall’immaginario collettivo un prodotto dal costo basso (una buona Moka sta intorno ai 20/30 euro) - dalla manutenzione inesistente e senza costi fissi - con un sistema che invece impone dei costi fissi importanti e frequenti, quali l’acquisto delle capsule (dello stesso brand), la manutenzione/sostituzione della macchina quando si rompe, innescando un meccanismo di perenne dipendenza tra produttore e consumatore.

Oltre a questi aspetti, forse non tutti sanno che il caffè in capsule:
È più tossico, contiene una dose 5-10 volte più elevata di Furano, una sostanza cancerogena che si sprigiona durante la tostatura ma che, essendo volatile, si disperde nell’ambiente con gli altri metodi di preparazione del caffè (polvere e solubile), mentre nelle capsule resta intrappolata all’interno.
È più costoso, fino a 5-7 volte di più rispetto alla tradizionale polvere, senza poi considerare i costi per l’acquisto dell’apparato e la manutenzione.
È più inquinante: non solo il nuovo elettrodomestico tanto in voga è difficilmente scomponibile (e quindi inquinante) a causa della diversità di materiali di cui è composto, ma anche le stesse capsule rappresentano un grave problema per lo smaltimento.
Si pensi che ad Amburgo è stato vietato l’utilizzo delle capsule negli uffici amministrativi a causa del loro alto potere inquinante. Realizzate in plastica e alluminio, molte di quelle in commercio non sono riciclabili, ma anche quelle che potenzialmente lo sono, non vengono differenziate dai consumatori perché richiederebbe la separazione dei materiali.

Alla luce di tutto questo, il caffè in capsule avrà lo stesso sapore di prima?
O sarà meglio tornare al rito del balcone, spiegato in dettaglio dal sommo Eduardo, nel famoso monologo del caffè, tratto da “Questi Fantasmi!”?
“Scusate, chi mai potrebbe prepararmi un caffè come me lo faccio io, con lo stesso zelo, con la stessa cura. Capirete che, dovendo servire me stesso, non trascuro niente… Sul becco… lo vedete il becco? io ci metto questo coppitello di carta. Pare niente, ma questo coppitello ci ha la sua funzione… E già perchè il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde.
…Caspita, chesto è cafè. Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo?

19 gennaio 2023 (Alfredo Laurano)

LA BERSAGLIERA, ICONA DI FASCINO E BELLEZZA /2605



Gina Lollobrigida, scomparsa ieri a 95 anni, è stata uno dei volti italiani del mondo del cinema. Ha girato molti film negli Usa, al fianco dei più importanti attori americani: Burt Lancaster, Humphrey Bogart, Frank Sinatra, Steve Mc Queen, Tony Curtis.Ma Gina è soprattutto la diva che, secondo Veltroni, diede speranza all’Italia che usciva dalla guerra.
Il Paese che aveva pianto i figli e i mariti morti al fonte, contemplato le case distrutte dalle bombe e sofferto la dittatura, la fame e l’occupazione straniera aveva finalmente voglia di luce e di sorriso. Alla pesantezza della morte e del nero voleva opporre l’allegria del sorriso e la gioia della leggerezza. La bellezza contro il dolore. L’allegria contro la paura.
Gina incarnò questo desiderio di rinascita. Era esageratamente bella, trasmetteva una gioia di vivere che era estranea al lungo inverno italiano.
L’Italia, finito il mito dell’impero, si riscopriva piccola, ritrovava il fascino delle storie minute come rifugio alle promesse fallaci di grandezza.

“Pane amore e fantasia” diventerà per questo uno dei primi prodotti seriali della nostra cinematografia. La Lollo Bersagliera e Vittorio De Sica costituirono una coppia irresistibile.
Ma tutti i personaggi raccontano l’incanto di quel tempo, la seconda metà degli anni quaranta e l’inizio dei cinquanta, in cui gli italiani tornavano a vivere una vita normale, a sperare, a gustare la vita.
La vita normale. Senza guerre, dittature, fame.
La vita normale, fatta di pane, di amore e di fantasia.
Ciao diva verace, ciao Fata Turchina, ciao bella Gina e salutami mia madre cui tanto somigliavi (o viceversa).
17 gennaio 2013 (Alfredo Laurano)

BULLI E CECCHINI DEL WEB /2604

Haters, odiatori, persone che usano la Rete, e in particolare i social network, per esprimere odio o per incitare all’odio verso qualcuno o qualcosa. Le espressioni razziste, gli insulti, la violenza verbale in Rete sono, purtroppo, una tristissima realtà.
Le prese di posizione volgari, offensive, violente e intolleranti sono divenute una pratica diffusa e impunita. Negli ultimi anni, non solo per i nativi digitali, ma anche a causa di una politica che si è spostata anche troppo sulle piattaforme Social, questo fenomeno è diventato incontrollabile.
Secondo uno studio di Amnesty International, le categorie maggiormente soggette a parole d’odio sono le donne, i disabili, i cosiddetti diversi, gli immigrati, i musulmani e gli appartenenti alle diverse minoranze religiose. È chiaro che spesso l’odio verso una precisa categoria venga innescato da un fatto di cronaca, che sia vero o falso.

Gli ineffabili professionisti dell’ingiuria sul web, che ormai dilagano e si riproducono più dei vermi e dei conigli, non fanno sconti, non conoscono il rispetto e non distinguono. Non criticano, non argomentano, non giudicano i fatti e le scelte di chiunque, vomitano soltanto odio e cattiveria.
Non sanno nemmeno separare gli aspetti pubblici e quelli umani di una qualunque persona. Sparano a prescindere, come cecchini mercenari del rancore, del disprezzo e della rabbia repressa: ogni occasione è buona per divulgare la propria gratuita idiozia.
Sono gli analfabeti della convivenza umana, esseri profondamente ignoranti che trovano su Internet il luogo ideale per manifestare la propria pochezza, i loro bassi istinti, la loro personalità deviata. Per socializzare all’incontrario. Spesso nell’anonimato.
Ciò vale sempre, vale per tutti e per ogni argomento. Vale per ogni evento o personaggio che si affacci in qualche modo alla ribalta della Rete o della stampa. Ricordiamo quello che hanno scritto a suo tempo di Bersani, colto da malore, di Emma Bonino, malata col turbante, di Laura Boldini, presidente della Camera, di Greta Thunberg, affetta da sindrome di Asperger, di Andrea Camilleri in fin di vita.
Un epiteto, una parolaccia, uno schizzo di veleno non si nega mai a nessuno.

Questo è uno degli aspetti più odiosi e insopportabili che ci regala l’eccesso di comunicazione on line. Internet ha legittimato, o come si dice oggi, sdoganato, una nuova forma di protagonismo, ha dato un’anima e una possibilità a tante comparse umane e a oscuri figuranti della razionalità: vigliaccheria e bullismo, sia giovanile che maturo, nascosti spesso dietro la protezione di uno schermo e una tastiera.
Tutti si sentono in diritto di sentenziare, di usare toni bellici e turpiloquio, minacce e proteste qualunquiste, buttate alla rinfusa per sentirsi importanti, per esserci e per avere l’illusione di contare.
L’arena del web produce condivisione, senso di connessione con gli altri, libertà di espressione, ma genera anche un sentimento d’impunità, uno spazio in cui il senso di civiltà opera a scartamento ridotto. Il web scatena, a volte, il peggio di alcune persone. Libera la bestia che è in loro, la loro voglia di potenza, il bisogno di sentirsi superiori all’altro, a chi è differente. Dietro tutto questo, c’è la voglia di esibirsi, di mettersi in scena, di mostrarsi duro e puro

Ma, in realtà, non fa che denunciare profonda frustrazione, insoddisfazione e scarsa connotazione di umanità e porta alla necessità di individuare, sempre e comunque, un nemico da oltraggiare, senza distinzioni, senza mediazioni. “Nessuno – diceva Nelson Mandela - nasce odiando i propri simili a causa della razza, della religione o della classe alla quale appartengono. Gli uomini imparano a odiare”.
E nella costruzione del nemico trovano la prova ontologica della propria esistenza.
In caso contrario, il loro fallimento sarebbe troppo fragoroso.
16 gennaio 2023 Alfredo Laurano